Le tendenze della moda globale e gli stili di vita in trasformazione hanno portato, soprattutto negli ultimi decenni, ad un aumento del consumo di abbigliamento di moda, outdoor e sportivo.
Con conseguenze devastanti per l'ambiente: infatti, una delle fonti principali di immissione diretta di microplastica nell'ambiente è costituita dai tessuti.
Durante l'uso e il lavaggio dei vestiti vengono rilasciate fibre sintetiche (ad es. polietilene, poliammide o poliestere) che, attraverso le acque reflue, arrivano nei fiumi, nei laghi e nei mari. Si stima che la percentuale d'immissione totale di microplastica (da tessuti) nei mari sia del 20 - 35 %, anche se finora tali valori non sono ancora stati dimostrati da studi.
Le conseguenze del rilascio di fibre sintetiche sono gravi per l'ambiente di vita marino. Poiché le fibre sintetiche non si decompongono, esse possono ad esempio formare nodi e ostacoli nel tratto digestivo degli animali, causando loro danni interni - fino all'insufficienza d'organo.
Al fine di ridurre l'impatto ambientale negativo, i produttori possono da un lato adottare contromisure già durante la produzione, ricercando e impiegando materiali alternativi. D'altro canto, anche i governi e le autorità dovrebbero emanare normative più severe e ottimizzare la filtrazione delle acque reflue.
Anche i consumatori possono fare la loro parte tenendo presenti i seguenti punti nella loro vita quotidiana:
- Acquistare prodotti realizzati in fibre naturali, in modo da non generare a priori nessuna microplastica
- Non lavare i vestiti troppo spesso
- Prestare attenzione che la temperatura di lavaggio sia bassa e i cicli di lavaggio siano brevi, al fine di ridurre la formazione di microfibre durante il processo di lavaggio
- Rinunciare all'uso di ammorbidenti, in quanto essi aumentano l'abrasione
- Non separare il bucato solo in base alla temperatura di lavaggio e al colore, bensì anche in base alla composizione della fibra
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